LA REALTÀ VIRTUALE ARRIVA AL CAMPUS DI RIMINI DELL’UNIVERSITA’ DI BOLOGNA E AL TECNOPOLO DI RIMINI

LA REALTÀ VIRTUALE ARRIVA AL CAMPUS DI RIMINI DELL’UNIVERSITA’ DI BOLOGNA E AL TECNOPOLO DI RIMINI

Il campus di Rimini e il Tecnopolo attivato presso la sede riminese avranno presto un laboratorio altamente tecnologico ed all'avanguardia nella realtà virtuale, del tutto simile ai due già da tempo attivi nelle relative sedi presso l'università di Bologna -
 
Parliamo dunque di “realtà aumentata”  con un'intervista a Gustavo Marfia, professore ordinario all'alma mater studiorum, ingegnere delle telecomunicazioni e ricercatore, fondatore del "VARLAB", laboratorio dedicato alla progettazione, costruzione e valutazione di ambienti distribuiti e immersivi presso l'università di Bologna, laboratorio che sarà presente anche nella sede di Rimini entro il 2026.
 
Gustavo Marfia ha conseguito la laurea presso l'Università di Pisa nel 2003 e un dottorato di ricerca in Informatica presso l'Università della California, Los Angeles, nel 2009. È stato ricercatore post-dottorato presso il Dipartimento di Informatica dell'Università di Bologna e dal 2011 al 2014 è stato Visiting Scholar presso il Dipartimento di Informatica dell'Università della California a Los Angeles. I suoi interessi di ricerca, a Bologna, si sono estesi ad includere l'online gaming e l'uso di interfacce avanzate per il supporto delle interazioni uomo-computer. Il suo lavoro è stato oggetto di manifestazioni pubbliche, come l'Expo Universale di Shanghai nel 2010 e dimostrazioni per la stampa, come presso l'Università della California, a Los Angeles, nel 2011.

Professor Marfia, la realtà virtuale sta svolgendo già da anni un importante ed innovativo ruolo in diversi campi: può spiegarci che cos'è il VARLAB che lei dirige all'interno del polo universitario, e quali sono le sue caratteristiche e ambiti di operatività?
 
Il VARLAB, (Virtual and Augmented Reality Lab) è una realtà che nasce nel 2019 grazie ad una iniziativa della Ateneo, il bando Alma Attrezzature.
Ad oggi esso conta una quindicina di ricercatori, tra dottorandi assegnisti e docenti incardinati all'interno dell'Università di Bologna.
Il laboratorio attualmente opera su due sedi: una all'interno del Dipartimento delle Arti in via Barberia 4 a Bologna, ed una seconda sede presso il Dipartimento di informatica in via Ranzani 14, sempre a Bologna.
Una terza centrale operativa è presente presso il Tecnopolo di Rimini e sarà ulteriormente potenziata  a partire dal 2026  all'interno delle attività condotte dal CIRI ICT, il già esistente centro interdipartimentale per la ricerca industriale per l’information and communication technologies.che ha nella cità di Rimini da alcuni anni una sua sede operativa.
 
Qual è stato l'investimento finanziario necessario per fare nascere il VARLAB, e di quale riscontro economico possiamo parlare, ad oggi?
 
Il primo laboratorio è nato grazie ad un investimento di circa 130.000 euro. A 5 anni dal primo allestimento, ad oggi sono stati destinati  in attrezzature per la ricerca oltre 300.000 euro, ed in personale ricercatore più di un milione di euro. Da un punto di vista delle sorgenti economiche che si sono aggiunte negli anni a quelle iniziali, il laboratorio è attualmente sostenuto da finanziamenti di natura pubblica, quali quelli provenienti dal ministero dello sviluppo economico, dal ministero dell'università e della ricerca, dal Pnrr, dai por fesr regionali, ma anche da finanziamenti di natura privata, quali quelli provenienti da Aeffe spa, Yoox, Wellness Explorers, UniRimini, Imageline, Elettrotecnica Imolese e Fondazione Cassa di risparmio di Bologna.
 
Quali sono le caratteristiche specifiche di questo laboratorio?
 
La peculiarità del VARLAB è che costituisce una vera e propria comunità che va oltre la definizione di laboratorio in senso stretto. In esso infatti trovano spazio e convergono i saperi provenienti da diverse discipline. Su un'ossatura costituita da informatici, si sono costruite collaborazioni con colleghe e colleghi esperti di moda, arte, cinema, psicologia, medicina, scienze aziendali, filosofia, matematica, storia, legge, lingue. Queste competenze verranno poi messe a disposizione delle imprese del Territorio attraverso l’attività del Tecnopolo di Rimini che realizza convegni e visibilità a favore dei laboratori di Ricerca e tra questi anche lo stesso VARLAB.
 
Essendo la vostra una sede di ricerca ma anche operativa, esistono progetti già in atto? Ci può dire di quali va particolarmente orgoglioso?
 
Le attività di cui andare orgoglioso sono tante, ma in particolare voglio sottolineare la reputazione di cui oggi gode il laboratorio, in così poco tempo dalla sua nascita. A conferma di questo, arrivano in continuazione richieste di collaborazione da parte di aziende private interessate a creare partnership in progetti ad alto contenuto innovativo.
Grazie al sostegno pubblico e privato, e grazie ai ricercatori che vi lavorano e alle collaborazioni attivate nel tempo, il VARLAB è diventato velocemente uno dei punti di riferimento nazionali per quanto riguarda lo studio e l’analisi delle applicazioni della extended reality, cioè quell'insieme di tecnologie che includono la realtà virtuale e la realtà aumentata. Da alcuni anni il laboratorio è presente nelle principali e più selettive conferenze internazionali. Quest'anno i nostri ricercatori hanno presentato lavori presso le conferenze IEEE Virtual Reality a Orlando in Florida, IEEE MetaCom a Hong Kong, ed in ottobre saranno presenti alla IEEE International Symposium on Mixed and Augmented Reality a Seattle, Washington. Infine, è stato anche recentemente depositato il primo brevetto e approvata la prima richiesta di costituzione di uno spin off universitario, nell’ottica di realizzare quella che in Università viene definita la terza missione, cioè agevolare il trasferimento tecnologico dal laboratorio ai territori.
 
Non tutti i lettori sanno cos'è il "Metaverso": può spiegare come e se, a suo avviso, esso potrà diventare parte integrante della vita quotidiana e oggetto di competenze da parte degli studenti di qualsivoglia facoltà universitaria?
 
Non mi risulta esista ad oggi una definizione su cui la comunità accademica concordi. La definizione che mi convince di più è quella attribuita in una intervista a Zuckerberg: "Il metaverso è un'evoluzione logica. È la prossima generazione di Internet, un'esperienza 3D più immersiva. La sua qualità distintiva sarà una sensazione di presenza, come se fossi lì con un'altra persona o in un altro posto". Sono convinto che le potenzialità siano enormi per gli studenti di tutte le facoltà. Da studioso devo però procedere con i piedi di piombo e attenermi ai risultati ottenuti tramite il rigore dello studio scientifico. Questa è una linea di ricerca su cui, per esempio, lavoriamo. L’Università di Bologna ci sta sostenendo su questo filone, tramite l’iniziativa AlmaAugmented, nell’analisi e sperimentazione di tecnologie immersive a servizio della didattica.
 
Quali sono attualmente i settori, sia nelle facoltà universitarie che nel mondo del lavoro, che già beneficiano di questi apporti innovativi della realtà aumentata, e quali gli sviluppi ulteriori che individua a breve raggio?
 
Alcuni settori quali quelli industriali (cantieri edili e navali, industria aerospaziale) e militari già beneficiano della realtà aumentata: essa permette di visualizzare e comprendere informazioni complesse in un modo più semplice. Nelle facoltà universitarie si stanno sperimentando queste tecnologie in molteplici settori, penso alla medicina, ma anche all’archeologia, ai beni culturali, alla storia, l’arte, solo per citarne alcuni.
 
Esiste un corso di laurea specifico ad oggi o tali competenze restano un valore aggiunto al corso di laurea in informatica?
 
Dipende in quali termini. Insegno queste materie nei corsi di moda come in quelli di informatica, naturalmente con diversi livelli di approfondimento per quanto concerne le tecnologie e lo sviluppo e la scrittura di codice.
 
I ragazzi, gli studenti, che tipo di risposta stanno dando, c'è interesse per la conoscenza e l'uso di questi sistemi?
 
La risposta credo sia molto buona, tant' è vero che a livello di laboratorio riusciamo ad attirare molte candidature per i bandi di collaborazione che pubblichiamo. In uno scenario dove chi ha conoscenze di nicchia in settori tecnologici tipicamente opta per un impiego in azienda, trovo questo un segnale molto positivo, in quanto si riconosce al laboratorio il fatto di essere un luogo dove si possano sviluppare competenze che difficilmente si coltiverebbero altrove, in altri contesti.
 
L'uomo e la macchina, il virtuale e il reale: che impatto potranno avere sull'occupazione un domani l'uso e l'interazione con tali tecnologie, ci sarà ancora posto per il lavoro come ancora lo intendiamo oggi?
 
Mi capita spesso di conoscere studenti che temono vi possa essere un cambiamento nello scenario lavorativo che gli sarà posto davanti. Non credo tuttavia che i cambiamenti saranno maggiori di quelli già vissuti con l’introduzione di Internet. Anche in questo caso molti nuovi lavori sono apparsi, altri spariti, altri cambiati. Non vivrei questa transizione con timore, ma con curiosità e voglia di acquisire quelle competenze che possano aprire tante nuove opportunità.
 
Quali sono, infine, i benefici del virtuale e di nuove tecnologie nel mondo della produzione?
 
In una battuta, il virtuale ti permette di sbagliare senza farti male, di comprendere i tuoi errori prima di operare in uno scenario reale. Credo sia questo il beneficio maggiore che possa portare nel mondo della produzione.
 
(Intervista di Manuela Torri)
 
 
 
 
 
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